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Papa Francesco ha ricevuto recentemente in udienza il dottor Benedetto De Lorenzo, Senatore Accademico e membro del Comitato Scientifico dell’Accademia Bonifaciana di Anagni, che gli ha consegnato una copia della silloge poetica “Diario di un sogno”, pubblicazione culturale della stessa Accademia e della sua casa editrice LBE (La Bonifaciana Edizioni), nella sua seconda edizione riveduta e aggiornata di ulteriori versi.

Il Santo Padre, ha apprezzato molto il gesto di cortesia del poeta Benedetto De Lorenzo, commercialista a riposo, di 81 anni, padre e nonno di quattro nipotini, “luce dei miei occhi – come ha avuto modo di dire al Papa – da tempo malato e operato diverse volte all’intestino”, “non credevo alle mie orecchie, quando il Reggente della Casa Pontificia monsignor Sapienza, mi ha chiamato direttamente per darmi conferma che la mia missiva le era giunta e che era stata prescelta tra i pochi baciamano che ogni mercoledì vengono ammessi al cospetto di Sua Santità. Ho fatto – dice ancora il dottor De Lorenzo – dono personalmente al Santo Padre Francesco della mia pubblicazione e ricevere la Sua Benedizione. Ho voluto ringraziare il Papa, per il coraggio che mi ha infuso pronunciando queste parole e che mi hanno spinto a scriverle per consegnargli la mia pubblicazione che ho dedicato a Lui: …i nonni e gli anziani non sono degli avanzi di vita, degli scarti da buttare… Non perdiamo la memoria di cui gli anziani sono portatori, perché siamo figli di quella storia e senza radici appassiremo. Voglio ringraziare sentitamente il Rettore Presidente della prestigiosa Accademia Bonifaciana, a cui appartengo dal 2007, perché è stato grazie a lui e al suo intervento se ho potuto realizzare il mio sogno, e che tra l’altro ha voluto presentarmi le poesie”.

“I componimenti, raccolti nel volume “Diario di un sogno”, sono a tema libero e gli argomenti che l’Autore ha affrontato spaziano dal sentimento del tempo al significato dell’esistere; dalle problematiche ambientali al recupero della memoria; da temi di attualità come la violenza e la pace, a considerazioni inerenti personaggi familiari, con riferimenti a momenti occasionali, riflessioni personali, meditazioni.

Il nostro poeta – scrive Sante De Angelis, nella presentazione – ha colpito nel profondo e la sua poesia diventa in qualche modo anche preghiera. Capita, specialmente oggi, di sentirsi soli. Qualcuno dice “abbandonati”. Non è sempre vero, perché se ci badiamo bene un “mondo” di persone gira attorno a noi per favorire, come possono la nostra vita. Ma qualche volta è dentro che ci sentiamo soli, allora bisogna ricorrere alla preghiera. I versi lieti, amorosi, dolci e sereni sposano quelli malinconici e tristi. Le immagini dell’irreale si confrontano e si fondono con il reale-vissuto, con i difficili passaggi di ogni giorno. Ed allora, con quale intendimento, con quale animo, con quale curiosità ci si accosterà alla lettura di questi testi poetici? Probabilmente qualcuno sfoglierà le pagine con la speranza di essere catturato dalla sonorità di un verso, o dalla levità di una immagine. Altri condivideranno l’uso sapiente del linguaggio o la ricercatezza della struttura metrica. Altri individueranno e si riconosceranno in momenti, riflessioni, considerazioni che i versi contengono e trasmettono.Sinceramente ritengo che qualunque sarà l’adesione del lettore a queste pagine, si dovrà comunque essere grati al dottor De Lorenzo, per averci offerto in dono qualcosa che fugge ad una facile e semplicistica mercificazione, perché nella società di oggi sembra non esserci spazio per la poesia ma poi quasi tutti finiscono per cercarla ed amarla, mentre pochi, soltanto pochi, sanno esprimerla. E comunque, nello scrivere se stesso, il poeta De Lorenzo scrive il suo tempo, decifrandolo per tutti i suoi lettori. Ecco perché niente può essere inutile per un poeta e perché a tutti può giovare la poesia. Quando si scrive per sé – come fa il nostro poeta Benedetto – non si fa un atto che termina là dove finisce …, si scrive solitamente per nobili scopi, oltre che per sfogo personale, naturalmente. Si scrive sempre per coinvolgere gli altri, per provare se le corde dei nostri sentimenti possono vibrare insieme ai sentimenti degli altri, sui temi fondamentali del nostro essere uomini… E i temi dello scrivere sono un po’ sempre gli stessi: di fronte alle avversità della vita e della storia è meglio essere prudenti piuttosto che avventati… è necessario essere forti e giusti nei rapporti con gli altri, e moderati, ovvero temperanti…”.

“Ed immagino, quindi, il nostro Benedetto De Lorenzo – continua il Cavalier Sante De Angelis – quando prende in mano la penna e vuol dare forma poetica al proprio scritto, o attraverso la difficile pratica della metrica e con l’uso delle figure retoriche, oppure più semplicemente attraverso la prosa poetica… quando sente l’esigenza del fondo bianco, con i versi che, andando a capo creano pause appropriate e lasciano spazio per la riflessione… allora, l’aver tentato un modo difficile di esprimersi ha ancora un altro senso aggiunto: quello di voler nobilitare il suo scritto, quello di volergli dare maggior dignità con una stesura inusuale. Si dice che è poetico quel testo che è composto in modo da essere attraente di per sé. E nell’uso della tecnica si può essere più o meno impeccabili – molti poeti famosi non lo sono – ma l’importante è rimanere poeti nell’atteggiamento, come ben ci riesce il nostro De Lorenzo, per far capire che si vuole intrattenere il lettore praticando un canale privilegiato: quel mettersi su un gradino un po’ più alto da parte di chi scrive esige il mettersi su un gradino alto anche da parte di chi legge o ascolta… e si sale in altezza… quasi per scendere più facilmente dentro di sé, in quel luogo segreto del cuore dove le fibre sono più sensibili, dove le cavità – che si credeva fossero sede dei sentimenti – risuonano più immediate e dirette per ciò che preme di più. E che cosa è che preme di più? Ciò che sta più a cuore è rivelato dalla capacità critica… di valutare la realtà rispetto a qualche principio che si ha in mente… tutti elementi che rivelano la ricerca di qualcosa che compensa una mancanza, di qualcosa che faccia sentire bene e che appaghi di per sé. Qualcuno la chiama la nostalgia del totalmente altro. Ci siamo dimenticati, forse, nella quotidiana ricerca di noi stessi, nella quotidiana esasperata affermazione del nostro io, che potremmo cercare prima di tutto il regno di Dio e le sue cose… La società appare come groviglio di problemi, nella nostra come nelle altre epoche… non illudiamoci, pensiamo alla violenza dei secoli scorsi, pensiamo all’indignazione di altri poeti indignazione che sfocia per qualcuno nell’aspirare all’indifferenza, per qualcun altro nelle invettive – e penso a Dante, di cui quest’anno ricorre il 700° dalla morte – per qualcun altro ancora in quella forma di difesa che è l’ironia… strumento formidabile per prendere le distanze dalle miserie umane…”.

“Non è un caso che già Aristotele ebbe ad affermare che “la poesia è già filosofia e di più alto valore della storia”. Ed allora, anche per questa silloge, ben si addicono le parole che ebbi a dire per il poeta Giuseppe Cerasaro:“la poesia non è solo emozione e fantasia, ma coinvolgimento imprescindibile e necessario; è l’espressione più adatta a conservare – come in un segreto forziere – le delusioni, le attese, Dio, la pace, l’amore, la sofferenza, la natura…”. Ed aggiungerei: la mamma, si, perché anche se la mamma del nostro poeta è morta da molti anni, il cuore del figlio non l’ha mai dimenticata, anche se un muro d’ombra li ha divisi da quando ella ha lasciato per sempre questa terra. Scrive, tra l’altro, infatti: il ricordo mi sorregge un battito di cuore, coraggio, speranza, tutto / è infuso e sgorga con l’impeto di un torrente nel pensiero dell’unico bene della vita mia / la mia mamma, che celestiale mi appare, pronta sempre a proteggere la sua creatura”.

Verrà il giorno, nel quale anche il cuore del poeta si arresterà, e allora, non appena varcato quel grande muro, chi troverà ad attenderlo per condurlo al Signore? La sua mamma, che lo prenderà per mano per guidarlo come quando era bambino. La sua mamma, che si inginocchierà davanti al Signore, come davanti a Lui si inginocchiava ogni sera, quando era in vita. E alzerà nella preghiera, le vecchie braccia tremanti con la stessa serena fede con cui si rimise alla volontà del Signore, quando Egli la chiamò a sé. Quella di Benedetto De Lorenzo – conclude il Rettore Presidente della Bonifaciana – è allora, una poesia che va oltre il tempo, perché vera, vera come le grandi montagne, come i poeti che accompagnano la nostra non inutile vita terrena”.