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“Ricevere questo riconoscimento (il Premio Bonifacio VIII), oggi, nell’anno in cui ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante, assume un valore ancora più importante perché il sogno del Sommo Poeta, che ha vissuto una Firenze dilaniata da lotte intestine e rivalità politiche, era quello di vedere un’Europa unita, “universale”, ma anche “particolare”, dove la Croce e l’Aquila, ovvero i simboli del Papato e dell’Imperatore rimanessero legati al tempo e allo spazio”.

Anagni “che nel medioevo è stata baricentro delle rivalità tra Papato e Impero, dove si sono scritte pagine fondamentali per la nostra storia europea” come ha ribadito il Presidente del Parlamento Europeo, è stata capitale per tre giorni del messaggio per la pace tra i popoli, grazie all’iniziativa promossa dall’Accademia Bonifaciana indetta per la cerimonia per i primi conferimenti nazionali ed internazionali della XIX edizione del Premio Bonifacio VIII 2021 e della II edizione de “Il Dantesco”. Già dalle prime ore della mattina, quando è giunto il picchetto d’onore dei Lancieri di Montebello in uniforme storica, Anagni tutta imbandierata a festa, ha accolto nella Città dei papi l’On. David Sassoli, Presidente dell’assise degli Europarlamentari, giunto appositamente per ricevere il Premio Internazionale Bonifacio VIII, a cui è spettato il compito di aprire solennemente questa edizione del Bonifacio VIII ed i festeggiamenti indetti dall’Accademia, per i 700 anni della morte di Dante Alighieri.

Sassoli, è stato il primo Presidente del Parlamento Europeo in carica a partecipare ad una cerimonia ufficiale ad Anagni, ed il terzo premiato dalla Bonifaciana, dopo Tajani e Buzek, nella sede di Bruxelles.

Considerato l’altissimo profilo istituzionale, vale la pena, riportare in forma integrale il discorso tenuto dall’Onorevole Sassoli, presso la Sala della Ragione.


“Illustrissimo Rettore Presidente Sante De Angelis, gentilissime autorità civili, politiche, religiose, cari amici della città di Anagni, è un grande onore essere qui con voi oggi, in questo luogo così ricco di storia, cultura e spiritualità. In questa città, che nel medioevo è stata baricentro delle rivalità tra Papato e Impero, si sono scritte pagine fondamentali per la nostra storia europea.
Oltre ad aver dato i natali a ben quattro Pontefici, Anagni – ha detto Sassoli – è stata a lungo residenza e sede papale e, soprattutto, luogo di nascita di Bonifacio VIII, da molti definito come l’ultimo grande Papa medievale, uomo di ingegno, di diritto e di grandi ambizioni politiche, a cui si deve, ad esempio, l’istituzione del Primo Giubileo universale della Chiesa cattolica e la fondazione, nel 1303, dell’Università “La Sapienza” di Roma, tutt’oggi uno degli atenei più importanti d’Europa.
Le vicende di questo Papa, inviso e criticato dai suoi contemporanei (fra cui lo stesso Dante) rimangono per molti aspetti controverse e ancora enigmatiche. Egli è stato infatti il protagonista diretto del celebre” oltraggio”, un passaggio fondamentale per la storia europea, un evento che ha decretato in un certo senso la fine della Teocrazia e la successiva nascita degli Stati nazionali. La sua opera – ha continuato – si inquadra pertanto nello scontro tra l’Impero e il Papato, in un’ epoca in cui lo spazio europeo si presentava come un insieme di piccoli grandi Stati (spesso rivali tra loro) e in cui, parallelamente, si stavano rafforzando le grandi monarchie di Francia, Spagna e Inghilterra.
Ricevere questo riconoscimento dell’Accademia Bonifaciana, oggi, nell’anno in cui ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante, assume un valore ancora più importante perché il sogno del Sommo Poeta, che ha vissuto una Firenze dilaniata da lotte intestine e rivalità politiche, era quello di vedere un’Europa unita, “universale”, ma anche “particolare”, dove la Croce e l’Aquila, ovvero i simboli del Papato e dell’Imperatore rimanessero legati al tempo e allo spazio.
Carissimo Rettore, gentilissime Autorità, cari amici, pochi giorni fa – il 9 maggio – abbiamo celebrato la Festa dell’Europa, un appuntamento che per noi europei rappresenta anche l ‘impegno a
perseguire quel percorso di integrazione, prosperità e pace che ci ha accompagnato per oltre 70 anni di storia.
Mai come in questo momento risuonano attuali le parole con cui, l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman, aprì nel 1950 la sua celebre dichiarazione, un testo che ancora oggi attraversa la nostra storia comune e ci indica la strada da percorrere.
Come sapete, anche quest’anno questo appuntamento è coinciso con un momento molto complesso per le nostre comunità. Per l’Unione europea e per il mondo, la pandemia è stato un evento devastante quanto inatteso, una crisi che ha messo in evidenza le contraddizioni di un mondo globale senza regole che, specialmente negli ultimi vent’anni, non ha fatto altro che produrre vere e proprie fratture nel corpo sociale.


In questa fase storica l’anniversario dantesco e il suo messaggio politico – inscindibile dalla morale – assume un significato provvidenziale perché ci, indica la strada da seguire e ci trasmette il coraggio necessario per guardare al futuro con speranza.
Se c’è infatti una lezione che abbiamo potuto imparare in questi mesi così difficili è il senso della nostra interdipendenza e quindi, oggi più che mai, è necessario proteggere l’unità e la coesione europea, cioè il contesto nel quale intere generazioni hanno saputo costruire un modello – forse imperfetto – ma che ha comunque favorito dignità umana, benessere, diritti sociali e civili.
In questi ultimi mesi sono tornate al cuore dell’agenda politica il primato del diritto alla salute e la centralità del lavoro, come pure la sostenibilità ambientale e lo sviluppo tecnologico a misura d’uomo, ma anche la ricerca e l’istruzione.
In questo senso, la pandemia non può essere considerata una parentesi ma un forte invito a progettare insieme un futuro più giusto che possa restituire centralità alla persona umana e perseguire uno sviluppo orientato al bene comune.
Il Recovery Fund e il Next Generation EU vanno esattamente in questa direzione e rappresentano non solo la risposta europea alla crisi sanitaria e agli effetti che ha prodotto, ma anche un’opportunità per realizzare nuovi modelli capaci di conciliare crescita economica e sostenibilità e per riprendere in mano quella “solidarietà di fatto” che proprio Schuman nel 1950 pose a fondamento della costruzione europea.
Oggi, a distanza di 7l anni, l’Unione europea ha deciso di dare nuova linfa al progetto europeo istituendo la “Conferenza sul futuro dell’Europa”, un’iniziativa che ha l’obiettivo di coinvolgere attivamente le Istituzioni nazionali e locali, la società civile, i giovani, le Università, insieme ovviamente alle imprese, alla ricerca e al mondo del lavoro.
La Conferenza, inaugurata a Strasburgo lo scorso 9 maggio, proprio in occasione della Festa dell’ Europa, vuole essere non solo un momento di ascolto, di partecipazione e di elaborazione di idee ma anche un’opportunità per rafforzare la nostra democrazia di fronte di cambiamenti della società e alle sfide della globalizzazione. In questo momento così complesso servono grandi riforme e soprattutto c’è bisogno del contributo di tutti. Ecco perché dobbiamo valorizzare ancora di più quell’idea di cittadinanza globale e di cittadinanza solidale che sta alla base di una società aperta ed inclusiva. Non è accettabile un’economia senza morale, uno sviluppo senza giustizia, una crescita a scapito delle generazioni future.
È necessario quindi riappropriarci delle nostre radici e rimettere al centro del pensiero un’etica della persona, che vada oltre la semplice logica del profitto economico. Per farlo dobbiamo continuare ad abbattere i muri, ridurre le disuguaglianze e sentire la responsabilità di proteggere la nostra casa comune da coloro che scommettono su nuovi autoritarismi.
La pandemia quindi, non è una parentesi, ma un forte invito a proiettarci nel futuro, a rimanere uniti e a riscoprire – come ci invita a fare Papa Francesco – “un’Unione altruista fotto di relazioni umane”, che possa recuperare la progettualità dei padri fondatori, interpretare i cambiamenti del nostro tempo e aprirsi alla complessità del mondo.
Tutto ciò ci impegna a definire quindi una nuova idea di Europa: un’Europa che ascolta, che si pone al servizio delle persone e che cerca convergenze sui grandi temi.
Come ci insegna Dante, sono le culture, l’idea dell’incontro e dell’accettazione dell’altro che plasmano – e continuano a plasmare il nostro continente e, se ci pensiamo bene, anche la nostra storia comune, la nostra identità europea. Non può esservi Europa senza Virgilio e la cultura classica, senza il patrimonio bizantino e la cultura germanica, senza l’ebraismo e le influenze islamiche.
Di fronte alle divisioni e alle conflittualità che vediamo ancora oggi in tante parti del mondo, è importante coltivare il dialogo, lavorare per la pace e immaginare le nazioni unite nel perseguimento di quella “virtute e canoscenza”, tanto cara al Sommo Poeta.
Di fronte alle sfide della contemporaneità è fondamentale quindi proteggere “i frammenti della nostra Europa”, riscoprire la sua identità, valorizzare i luoghi, le città, i borghi ma soprattutto proteggere la nostra coesione, ovvero il rapporto tra la nostra umanità e l’infinito, che rappresenta il fondamento stesso della nostra civiltà occidentale. Vi ringrazio!”.